Per cominciare il nostro viaggio nel mondo degli NFT, immaginiamoci - in modo un po' surreale - se, all'improvviso, risorgesse il filosofo tedesco Walter Benjamin e si trovasse nel mondo di oggi.
Accendendo il computer, si troverebbe improvvisamente di fronte ad una galleria d'arte di opere digitali, di fronte ad una moltitudine di contenuti digitali non fungibili, di avatar pixellati e animati: secondo voi come reagirebbe? Probabilmente noterebbe un salto in avanti rispetto alla riflessione che lui aveva argomentato nel suo testo del 1936: L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica.
Un mondo dominato dalla Rete e dai social media - carichi di miliardi di contenuti digitali - che effetto avrebbe sulla sua struttura mentale di uomo vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo? Benjamin si domanderebbe ancora del destino dell'opera d'arte in questo mondo digitalizzato? Infondo, anche queste opere digitali possono essere contemplate in modo immersivo e possono vantare una propria "aura". Quello che possiamo immaginare è che rimarrebbe oltremodo incuriosito da questa strano oggetto chiamato NFT.
NFT: una parola che appena la si pronuncia ha un suono strano, quasi come se qualcuno volesse dire qualcosa ma non è in grado di parlare correttamente. Eppure, gli NFT sono ormai sulla bocca di tutti e stanno invadendo il mondo del marketing, dei social media, dell’arte, dei videogiochi e della realtà virtuale e, soprattutto, quello delle transazioni economiche e dei marketplace digitali dominati dalle cripto-valute.
Tutti desiderano avere un NFT: una copia autografata digitale di un’opera d’arte, di una immagine, di una foto, di un oggetto firmato, un NFT di un momento saliente di una partita di calcio o di basket con un’azione del nostro idolo sportivo, un meme, una gif animata, un gioco, un video, un messaggio importante su un social network. Perché sono diventati tutti pazzi per questi NFT? Come nasce il fenomeno?
L’evento culturale che diede il via al fenomeno degli NFT (Non Fungible Tokens) fu durante una conferenza tenutasi al New Museum di New York nel lontano 3 maggio del 2014 durante l’evento denominato: “Seven on Seven”.
Qui vi presero parte molti artisti dell’arte digitale, ma anche grafici, informatici ed esperti del web e dei social media. Tra questi, erano presenti, Anil Dash, Ceo di Glitch - che si interessava di ottimizzazione del tempo sui social media - e l’artista digitale Kevin McCoy.
Il loro intervento, tenuto in coppia, voleva affrontare l’annosa questione legata al valore da dare alle opere degli artisti digitali, le quali, fino a quel momento, venivano regalate perché considerate prive di valore. Questo aspetto venne messo in relazione con l’avvento della tecnologia Blockchain e delle cripto-valute, tipo Bitcoin. La soluzione a questa dinamica generò l’idea dei Non Fungible Tokens.
È lo stesso Anil Dash a raccontarlo in una sua intervista rilasciata in passato.
Nelle prime ore della notte, McCoy ed io, avevamo messo insieme una prima versione di un mezzo supportato da Blockchain per affermare la proprietà su un’opera digitale originale. Allora, demmo alla nostra creazione un nome ironico, non un acronimo come NFT. Lo chiamammo “grafica monetizzata”.
La grafica digitale realizzata e mostrata al pubblico dei partecipanti a quell’evento dai due astanti era una gif animata che riproduceva un sole stilizzato adagiato e centrato su uno sfondo nero che illumina la scritta di colore fucsia in stile techno-fantasy: monetized graphics.
Di certo, quel primo esperimento di Non Fungible Token non fu pensato per essere brevettato come idea dai due, ma certamente voleva essere un modo concreto per dare agli artisti un esempio di come avere un maggiore controllo sul loro lavoro, grazie all’ausilio della nuova tecnologia Blockchain. Inoltre, secondo le speranze dei due, tale tecnologia avrebbe reso possibile un modo semplice per gli artisti digitali di vendere le loro opere e avrebbe permesso di proteggersi da coloro che trovandole in Rete avrebbero potuto tranquillamente attribuirsene la proprietà e la paternità.
Durante quella stessa convention Anil Dash annunciò di aver sviluppato una demo capace di mettere in pratica quanto teorizzato e digitando sul browser l’indirizzo web: monegraph.com e – tramite autenticazione con Twitter, quale verifica della sua figura di artista – vi accesse e ne mostrò velocemente il funzionamento.
Ad un certo punto, Dash venne distratto da una domanda proveniente dalla platea: È già possibile acquistare un’opera? I due si guardarono in volto e rapidamente Anil Dash chiese a Kevin McCoy a che prezzo sarebbe stato disposto a vendere quella sua gif animata. Egli, di rimando affermò che la sua opera valeva 4 dollari americani. Et voilà! Ecco la prima vendita della storia di un NFT.
McCoy, una volta aver trasferito sul wallet di Dash la sua opera digitale, ad acquisto concluso affermò: Questo è il giorno più triste nella storia delle vendite della mia arte!, senza rendersi conto di aver dato il via ad una importante rivoluzione.
NFT è un acronimo, e cioè le tre lettere stanno per: Non Fungibile Token.
Questa espressione anglofona può essere tradotta in italiano con l’espressione “gettone non copiabile” e rappresenta un “certificato di proprietà”, un atto di proprietà che può essere vantato su una qualsiasi opera o contenuto digitale: ad esempio un’opera d’arte, una foto, un video, un disegno, un' immagine, un documento, un videogioco, un file audio. Tutto ciò che può essere sottoposto ad un processo di digitalizzazione e di per sé stesso può essere quindi collezionato e conservato in formato digitale.
L’etimologia del termine ci dice che il Non Fungible Token – o NFT – è appunto un “gettone non copiabile e non replicabile” e quindi questo implica che tale oggetto digitale sia di per sé stesso “unico” e “non replicabile” e anche “non intercambiabile”.
Walter Benjamin e gli NFT, sì, ma in che senso?
A ben guardare, con gli NFT possiamo, in qualche modo, riattualizzare la riflessione fatta dal filosofo tedesco Walter Benjamin, nel suo testo: L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica del 1936, nel quale l’autore affrontava il problema di come la rivoluzione industriale e l’organizzazione seriale e standardizzata della produzione industriale stesse aprendo le porte alla società del consumo seriale.
In questo contesto, Benjamin contrapponeva all’oggetto seriale e di consumo, il valore autentico e auratico dell’opera d’arte e guardava - con rammarico e con un forte pessimismo - a come la società del consumo stesse distruggendo il grande valore culturale del genio creativo artistico.
In qualche modo, gli NFT – o Non Fungible Token – riportano in auge la riflessione del filosofo tedesco degli anni trenta del XX secolo, traducendola nel mondo della creatività artistica dei contenuti digitali.
Questo parallelismo – tra il mondo dei Non Fungible Tokens, in quanto “oggetti digitali unici”, “autentici” e “non replicabili”, e giocoforza di altissimo valore, e l’”aura” dell’opera d’arte, descritta dal filosofo tedesco nel testo citato – trova il suo senso perché, come abbiamo raccontato in precedenza, il fenomeno degli NFT, nasce durante quella convention culturale: “Seven on Seven” al New Museum di New York, il 3 maggio del 2014, da una idea brillante dell’artista digitale Kevin McCoy e del Ceo di “ Glitch”, Anil Dash.
Quando parliamo di Non Fungible Tokens, oltre alle caratteristiche di “unicità”, “autenticità”, di “non replicabilità”, ci si sofferma soprattutto sul concetto di “certificato”.
Il Non Fungible Token è un qualcosa che “certifica”, che “notifica”, che attribuisce la “paternità”, la “proprietà” dell’oggetto digitale a qualcuno che lo crea, quindi all’artista, oppure a chi, in un contesto di mercato delle opere d’arte e dei contenuti digitali, acquista un Non Fungible Token e se lo aggiudica al termine di una transazione economica in cripto valuta – una moneta virtuale – che può essere spesa nei marketplace degli NFT, piattaforme virtuali sul web dove è possibile acquistare questi oggetti da collezione digitali.
Questo atto che avalla la “proprietà” o la “paternità”, in un determinato momento, del contenuto digitale è anche detto: smart contract, quindi il nostro NFT è per sua natura uno smart contracte queste informazioni saranno contenute nello stesso Non Fungible Token. In questo modo, l’acquirente potrà affermare di possedere qualcosa di grandissimo valore e nessun altro potrà fare altrettanto perché il Non Fungible Token è per sua natura “autentico”, “unico” e “non replicabile” per definizione.
Prima di focalizzarci sul boom che il mercato degli NFT sta generando a livello mediatico e mondiale, preme affrontare un’ultima riflessione sul tema del diritto di proprietà di un NFT.
Partiamo col dire che un NFT è creato per essere venduto su piattaforme di mercato digitali, accessibili in Rete, dove le transazioni economiche sono svolte usando come medium di scambio, come moneta, una specifica cripto-valuta fittizia, tipo Bitcoin o Ether. Il bene digitale verrà qui acquistato ad un prezzo quantificato dall’unità di misura e di valore della cripto-valuta scelta, secondo un tasso di cambio in Euro o Dollari. Quindi un Non Fungible Token è creato, ma anche venduto.
Come si traduce questo discorso sul diritto di proprietà di un contenuto digitale nel momento in cui il creatore lo “cede” in cambio di soldi?
La risposta può essere tradotta tenendo conto di entrambi i punti di vista, cioè di quello dell’acquirente – il quale si aggiudica, tramite un’asta virtuale, il diritto di proprietà e di possesso del contenuto digitale – e di quello dell’effettivo creatore del token. Vediamo, innanzitutto, il punto di vista dell’acquirente.
Quando un soggetto acquista un NFT o Non Fungible Token, egli acquisterà solamente l’hash del token creato dall’effettivo artista del contenuto digitale. Nel linguaggio informatico si parla di hashing quando si vuole sottoporre ad un processo di “compressione” un qualsiasi codice crittografico di natura binaria troppo pesante per essere letto. Tradotto nel discorso dei Non Fungible Tokens che qui stiamo affrontando: il nostro acquirente, entrando in possesso dell’hashdel token, avrà solamente una sorta di codice “copia”.
Ciò vuol dire che, in quel momento, l’acquirente non sta entrando in possesso dell’opera originale, di quella fisica – magari presente nel qui ed ora in un luogo fisico reale, ad esempio: una galleria d’arte, o ancora: uno studio o bottega di un’artista - ma ciò che sta acquistando è solamente un “qualcosa” che rimanda all’opera originale fisica.
In sintesi, egli sta acquistando semplicemente una copia digitale dell’opera fisica originale, e di qualsiasi altro contenuto che può essere tradotto digitalmente e di per sé stesso collezionato. Tuttavia, chi acquista un NFT non vuole comprare una semplice copia digitale di qualcosa che potrebbe essere scaricata gratuitamente da un sito web. Un NFT viene acquistato perché chi se ne appropria, in cambio di soldi, desidera avere proprio qualcosa di “unico”, “autentico” e “raro”.
Ciò che certificherà la “rarità” o “unicità” e “autenticità” dell’opera digitale acquistata è tutto legato al desiderio di possedere una copia autografata, unica, con firma dell’artista che accrescerà il valore di quel contenuto digitale acquistato e collezionato. Il Non Fungible Token certifica proprio questa firma di unicità che dà valore a quella copia digitale dell’opera acquistata.
Dopotutto vale di più una copia della Gioconda o quella firmata da Leonardo? Vale di più un libro firmato dall’autore di famosi bestseller – come Stephen King – o vale di più lo stesso libro semplicemente acquistato in una qualsiasi libreria? Vale di più un pallone di calcio firmato dal nostro idolo sportivo preferito – tipo Maradona, Pelé, Messi o Ronaldo – o varrà di più lo stesso pallone privo della loro firma acquistato in un qualsiasi store della squadra? Ecco.
Fatti questi esempi concreti, proseguiamo con la nostra riflessione.
Il Non Fungible Token certificherà al suo interno e terrà traccia – grazie alla tecnologia della blockchain – dei vari passaggi di proprietà dell’hash dal creatore fino all’ultimo acquirente. E questa operazione di tracciamento sarà sufficiente – a chi acquisterà il bene non fungibile – di poter affermare di essere venuto in possesso di qualcosa di unico e non replicabile.
A questo punto, la domanda nascerà sicuramente spontanea: ma che cos’è tecnicamente una blockchain?
Dunque, una blockchain può essere definita come un database digitale, una sorta di registro a blocchi (pagine) informatici concatenati, decentralizzato e immutabile, di cui nessuno possiede i diritti di modifica dei dati già contenuti al suo interno.
Una blockchain è un tipico esempio di intelligenza collettiva ed è realizzata da una rete di computer indipendenti che comunicano tra di loro in maniera autonoma e quindi non controllabile da un singolo computer, cioè da un singolo nodo di questa rete interconnessa. Questa rete si alimenta e viene mantenuta in vita grazie al contributo di tutti coloro che sono presenti e gestiscono in modo collaborativo ciascun nodo di questa rete in cambio di denaro.
Ora, se spostiamo la questione del diritto di proprietà del Non Fungible Token dal punto di vista del creatore o artista di un NFT, possiamo osservare quanto segue.
Il creatore di un NFT, possedendo la foto o la riproduzione video dell’opera originale, crea l’hash della stessa e la memorizza sulla Blockchain prescelta attuando una sorta di “cessione”, certificata proprio dalla marca temporale memorizzata sulla piattaforma Blockchain che funge da registro digitale notarile.
Quindi, il creatore dell’NFT, nel momento in cui vende la sua opera digitale, sta stipulando un “contratto di cessione” sulla base di una clausola fiduciaria tra lui e la tecnologia Blockchain – che ospiterà il suo NFT digitale realizzato – e il finale acquirente. Con tale clausola fiduciaria, il creatore – o artista – si impegna a realizzare un solo hash di quel Non Fungible Token e di venderlo una sola volta all’acquirente – che se lo è aggiudicato all’asta – e di non realizzare innumerevoli copie dello stesso hash e del suo contenuto digitale al fine di non pregiudicare il valore di “unicità” e di “autenticità” dell’opera digitale venduta.
In definitiva, tutto il discorso si fonda su questa clausola fiduciaria di responsabilità e buon senso che struttura qualsiasi relazione tra un venditore e un’acquirente, a prescindere dal fatto che sia svolta o nel mondo fisico o in un contesto di mercato in Rete e digitale.
Il discorso finora affrontato sembra anche abbastanza logico e lineare, ma attenzione, la questione diventa ancora più complessa se ci si sposta dal punto di vista giuridico a quello prettamente tecnologico. Questo perché il cosiddetto vincolo di cessione dell’opera digitale dal creatore all’acquirente potrebbe qui non valere. Cerchiamo di spiegare il perché.
Il creatore dell’opera digitale, possedendo il file sorgente o possedendo l’opera fisica, potrebbe senza alcuna responsabilità ricreare o modificare una sua opera preesistente e realizzare di fatto un contenuto digitale diverso dal precedente facendogli assumere la connotazione di unicità e autenticità diversa dall’opera di partenza e nessuno potrebbe impedirglielo.
Allo stesso modo se l’artista decidesse di creare un Non Fungible Token e decidesse di venderlo su più piattaforme contemporaneamente, anche in quest’ultimo caso, potrebbero non esserci vincoli penali. Insomma, le riflessioni sul tema sono pluridimensionali e siccome il boom degli NFT è ancora relativamente giovane sicuramente se ne svilupperanno di altre sempre più interessanti. Ma ora vediamo nel concreto perché si parla di boom, di bolla economica degli NFT.
Si può parlare di effetto bolla degli NFT?
A questa domanda si può certamente rispondere di sì. Questo perché la rivoluzione degli NFT è stata effettivamente avviata quel 3 maggio 2014 da Dash e McCoy e possiamo dire, con il senno del poi, che da quel momento il fenomeno degli NFT ha aperto un nuovo mondo del collezionismo dei contenuti digitali non fungibili.
Una prima diffusione su larga scala degli NFT può essere fatta risalire al 2017, dove fece scalpore il boom di vendite di gif animate di gattini, chiamate Kriptokitties, creati da un’azienda canadese denominata Dapperlabs. L’obiettivo di questo gioco di carte di gif animate collezionabili era di fare evolvere, crescere e accudire dei gattini – sulla stessa falsa riga del Tamagotchi degli anni ’90 – e ogni gattino era di per sé stesso un NFT unico e autentico diverso dagli altri che poteva essere scambiato tra gli appassionati attraverso il suo acquisto in cambio di cripto-valuta. Il successo di questo gioco di carte animate di gattini è stato tale che alcuni di questi criptogattini sono stati venduti sulla piattaforma Ethereum per un valore di 170 mila dollari. Una cifra da capogiro! E ciò ha determinato un vero e proprio intasamento della piattaforma Ethereum, la quale ha dovuto gestire il 95% delle proprie transazioni totali solamente dedicandosi agli NFT dei Kriptokitties. Ciò ha comportato la scelta della stessa Dapperlabs di creare una propria blockchain dove mettere in vendita i propri gattini animati NFT, denominata FLOW.
La suddetta società canadese ha sviluppato un successivo progetto legato al mondo degli NFT, denominato NBA Top Shot, piattaforma ufficiale della NBA dove vengono vendute le clip animate delle azioni salienti dei maggiori campioni di basket nella storia della federazione sportiva e non è un caso che un NFT di una schiacciata storica del cestista americano LeBrone James sia stata venduta per un valore allucinante, vale a dire per la bellezza di 208 mila dollari.
Altro esempio di progetto legato al mondo degli NFT è KryptoPunks, un portale web dove è possibile acquistare e collezionare degli avatar pixellati. Anche in questo caso le quotazioni di vendita di questi NFT hanno raggiunto valori stratosferici, tra questi, ad esempio un CryptoPunk che raffigura un punk alieno con indosso orecchini d’oro e un berretto a maglia rosso e una mascherina medica è stato venduto ad un prezzo di 11,7 milioni di dollari dalla casa d’aste Sotheby’s e, attualmente, questo esemplare di CryptoPunk alieno è quello che ha raggiunto la quotazione di vendita più alta in assoluto e se lo è aggiudicato il miliardario Shalom Mechenzie.
La casa d’aste Sotheby’s si è aggiudicata e ha messo in vendita anche l’NFT del codice sorgente originale del World Wide Web di Sir Tim Berner Lee per un valore di 5,4 milioni di dollari. Esso rappresenta l’esemplare più costoso di NFT di un codice sorgente finora mai battuto ad un’asta blockchain.
Passando ad un’altra tipologia di NFT che ha fatto scalpore per la quotazione di vendita che ha raggiunto sulla piattaforma Valuables, è stato il primo tweet di Jack Dorsey – il fondatore del social network Twitter – il quale è stato battuto all’asta per un valore allucinante di 2,5 milioni di dollari.
Altro esempio che ha fatto scalpore, tanto da attirare l’attenzione del New York Times e scriverci sopra un articolo, è stata la vendita sul sito Foundation, nel febbraio del 2021, della gif animata Nyan Cat di Chris Torres, un gattino che vola in un cielo notturno incastrato all’interno di un dolcetto lasciandosi dietro come scia un arcobaleno tutto colorato. Questa simpatica gif animata è stata battuta all’asta per il valore di 545 mila dollari.
Questa mania degli NFT ha coinvolto anche Justin Rolland, co-creatore e voce dei personaggi del cartoon di fantascienza Rick e Morty, il quale ha realizzato dei bozzetti a matita di suoi personaggi e li ha venduti sulla piattaforma Nifty Gateway per un valore di 1,6 milioni di dollari. Un NFT molto particolare, acquistato dallo stesso autore del cartoon Rick e Morty, è un’immagine raffigurante una testa gigante di Bender – il personaggio robot dissacrante della fortunata serie animata fantascientifica Futurama di Matt Groening, papà dei Simpson’s – abbandonata in una giungla e divorata dalla vegetazione, denominata “Rusty”. Questa opera è stata realizzata dall’artista praghese Filip Hodas ed è stata venduta per un valore di 3 mila dollari.
Se rimaniamo sempre nell’ambito della Cripto Arte, altro esempio che ha generato molto scalpore è stata la vendita dell’opera digitale: The first 5000 days dell’artista americano Mike Winkelmann, graphic designer quarantenne, in arte Beeple. Questa opera digitale rappresenta un enorme collage che raggruppa ben cinquemila immagini in formato jpeg realizzate dall’artista nel corso degli anni ed è stata battuta all’asta per un valore stratosferico di 70 milioni di dollari dalla casa d’aste Christie’s. Attualmente è l’opera digitale, nel mercato NFT dedicato alla cripto-arte, con il valore più alto mai battuto in un’asta virtuale e se lo è aggiudicato l’11 marzo 2021 il miliardario di Singapore Vignes Sundaresan.
Beeple, prima di vendere su Christie’s questa sua opera collage, aveva ottenuto un altro record di vendita nel settore degli NFT capitalizzando un guadagno di ben 6,6 milioni di dollari. Ci riferiamo alla sua opera Beeple’s Crossroads, un corto animato NFT della durata di 10 secondi che mostra un Donald Trump gigantesco sdraiato a terra.
Se guardiamo le statistiche del solo 2021 riferite ai pezzi da novanta del mercato degli NFT, non è solo il settore della Cripto Arte che fa notizia. Ad esempio, se ci spostiamo nell’ambito della musica, è da annoverare la vendita di una canzone NFT che è stata battuta all’asta sulla piattaforma Nifty Gateway per un valore assurdo: ben 1,33 milioni di dollari. La canzone si chiama Gunky’s Uprising ed è stata realizzata da SlimeSunday e 3LAU.
Altro esempio nel settore musicale NFT è l’attività produttiva del fenomeno musicale Grimes, il quale è stato l’ultimo artista musicale a fare fortuna nel mercato degli NFT vendendo all’asta 6 milioni di dollari di una sua collezione d’arte digitale composta da dieci esemplari. Il pezzo più venduto è stato un video chiamato: Death of the Old.
Spostandoci in un altro ambito, ha fatto molto parlare di sé la vendita del meme: Doge, che raffigura un cane della razza Shiba Inu, acquistato per il valore di 4 milioni di dollari.
Anche il mondo del gaming sta traendo grande vantaggio dal fiorire del mercato degli NFT. Non è un caso che sia stato sviluppato il progetto denominato Decentraland, un gestionale basato sulla tecnologia blockchain che ha come obiettivo l’acquisto di appezzamenti di terreno e proprietà virtuali. Ha fatto notizia su Decentraland la vendita di un terreno per un valore di 1 milione di dollari, che ha rappresentato il caso più costoso di un NFT di una proprietà o terreno virtuale finora mai venduto.
Qui si è voluto fare una panoramica esemplare dei vari progetti, legati al mondo e mercato degli oggetti digitali non fungibili che hanno fatto maggiore rumore a livello mediatico al punto che anche importanti testate della carta stampata hanno deciso di raccontare e capirci un po’ di più su che cosa fossero gli NFT e farli conoscere al grande pubblico. I campi di applicazione ovviamente sono tantissimi e non si fermano solo a quelli sopra citati.
Se poi diamo un’occhiata alle statistiche più recenti del mercato dei beni digitali non fungibili e delle cripto-valute si nota una crescita esponenziale nel solo biennio del 2020-2021.
Secondo quanto riferisce il The Financial Times: se nel 2020 il mercato degli NFT era da ascriversi ad una comunità ristretta, di appassionati e quindi ad un mercato fandom di nicchia, il vero boom si è osservato proprio nell’ultimo anno, il 2021, durante il quale è stata spesa la cifra stratosferica di 41 miliardi di dollari in NFT, secondo i dati globali. Inoltre, secondo un rapporto di monitoraggio del mercato NFT svolto da DappRadar, si è osservato un aumento dei volumi di vendita pari a 25 miliardi di dollari. È stato un aumento enorme rispetto ai 95 milioni del 2020. Infatti, si è riscontrato un enorme balzo in avanti dal 2020 al 2021, per quanto concerne il numero di portafogli unici scambiati e, sempre secondo quanto ha rilevato il suddetto rapporto di DappRadar, tale numero è passato dai circa 545 mila del 2020 ai 28,6 milioni del 2021.
Inoltre, altro dato interessante ai fini della statistica: è l’attestazione del fatto che la piattaforma di marketplace degli NFT più popolare attualmente in circolazione è Open Sea che ha capitalizzato un volume di scambi pari a 6,5 miliardi di dollari. Mentre, secondo le stime più recenti, il volume netto del trading sulla piattaforma blockchain di Ethereum ha superato i 400 milioni di dollari.
Questo presagisce che il mercato degli NFT ha ancora moltissime potenzialità da tirare fuori. Qui ci si è voluti soffermare sulla genesi del fenomeno e si è voluto dare un po’ di cifre sulla effettiva capitalizzazione di questo nuovo settore del mercato dei Non Fungible Tokens che sta letteralmente galoppando a spron battuto e sta invadendo tutti i settori possibili ed immaginabili, come abbiamo raccontato.
Ma la cosa interessante è che, a prescindere dai campi di applicazione e di realizzazione dei Non Fungible Tokens, questi stanno mettendo nuovamente al centro il genio creativo dell’artista e il desiderio del collezionista di possedere opere uniche da contemplare per la loro “aura”.
Cosa direbbe Walter Benjamin degli NFT?
Benvenuti nell'epoca della riproducibilità digitale delle opere d'arte. Benvenuti nel mondo del collezionismo degli oggetti digitali non fungibili, gli NFT.
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